La Responsabilità Sociale d’Impresa – cos’è

Sempre più spesso si sente parlare di aziende responsabili e, in generale, della responsabilità sociale d’impresa. (o CSR, acronimo dell’inglese Corporate Social Responsibility). Ma cosa si intende esattamente con questa espressione?

Inizia qui un viaggio all’interno dei temi del Fund Raising (i cui fondamenti sono già stati oggetto di precedenti articoli) e della Responsabilità Sociale d’Impresa che, nei prossimi mesi, ci porterà a esaminare casi concreti e applicazioni pratiche di azioni di responsabilità sociale e di raccolta fondi realizzati da realtà vicine, i cosiddetti casi di studio.

Per iniziare: la Commissione Europea, nel più recente documento sulla strategia per la Responsabilità Sociale d’Impresa per il 2011 – 2014, definisce la CSR come la responsabilità delle imprese per i loro impatti sulla società. Si intende quindi, con la locuzione “responsabilità sociale d’impresa”, l’insieme delle pratiche e delle azioni poste in essere dalle aziende allo scopo di coniugare il perseguimento del profitto con l’interesse per il benessere sociale, anche con riferimento alla comunità all’interno della quale le aziende stesse operano. Significa, in altre parole, agire per sviluppare il proprio business e, parallelamente, preoccuparsi del proprio impatto sulla comunità in cui si è inseriti e sull’ambiente. I nomi che più frequentemente sono associati a pratiche di responsabilità sociale sono quelli delle multinazionali, ovvero quelle aziende che, più frequentemente “sotto osservazione” da parte di organizzazioni internazionali attente alle questioni sociali e ambientali, hanno deciso di intraprendere un percorso (parzialmente) differente, mediante l’adoazione di politiche attive di riduzione delle emissioni, di emanazione di codici etici, di attuazione di politiche eque dal punto di vista salariale e delle condizioni di lavoro lungo tutta la catena di approvvigionamenti (inclusi i fornitori e sub- fornitori, quindi), e così via. Occorre naturalmente distinguere le aziende “seriamente impegnate” in una strategia di ridefinizione del proprio approccio socialmente responsabile da quelle che praticano il cosiddetto “greenwashing”, definito da Wikipedia come “l’ingiustificata appropriazione di virtù ambientaliste da parte di aziende, industrie, entità politiche o organizzazioni finalizzata alla creazione di un’immagine positiva di proprie
attività (o prodotti) o di un’immagine mistificatoria per distogliere l’attenzione da proprie responsabilità nei confronti di impatti ambientali negativi”.
Le politiche di responsabilità sociale non sono però da considerarsi appannaggio esclusivo di grandi gruppi. Al contrario, il radicamento e l’integrazione con la comunità locale appaiono connaturati piuttosto alle piccole e medie imprese, ovvero a quelle realtà fortemente radicate sul territorio per ragioni storiche e/o produttive e che, proprio per questo motivo, costituiscono un punto di riferimento per progetti di integrazione tra profit e nonprofit.
Il presupposto su cui la CSR si fonda è infatti una concezione avanzata del marketing: per affermarsi rispetto ai competitors, le aziende hanno storicamente utilizzato le leve della qualità dei prodotti, del prezzo, della rete di distribuzione, della pubblicità e della comunicazione. Il principio su cui si è sempre fondata la concorrenzialità di un’azienda è, dunque, quello del prodotto di massima qualità al minor prezzo possibile per il consumatore.

E’ evidente, in un’epoca di elevata qualità generale dei prodotti, che i margini di miglioramento delle performance commerciali aziendali siano sempre più ridotti. Per ritagliarsi un posto nel mercato, o migliorarlo, dunque, gli strumenti che le aziende hanno a disposizione – a parità di prodotti e politiche distributive – sono connessi all’ascolto degli interlocutori (gli stakeholders, inclusi i consumatori potenziali e attuali) e al legame tra l’azienda e i benefici sociali connessi alla sua presenza/azione.

L’approccio che oggi appare vincente è dunque quello adottato dalle aziende che si differenziano dai competitors per una strategia legata alla promozione di se stesse tramite la promozione del benessere sociale e ambientale della comunità in cui vivono.

L’attenzione al benessere siconfigura quindi come una leva strategica per l’azienda che fondi la propria competitività sulla propria buona reputazione: quest’ultima a differenza dell’immagine che è comunicata direttamente dall’azienda verso l’esterno, è un valore che “l’esterno”, i consumatori, gli stakeholders comunicano dell’azienda nel loro ruolo naturale di opinion leaders.

L’adozione di una strategia di Responsabilità Sociale d’Impresa si configura pertanto come un investimento su cui occorre far leva per migliorare la competitività e, di conseguenza, come la strategia vincente per dialogare con il consumatore e aumentare la sua fiducia nei confronti dell’impresa.

L’assunzione di politiche di responsabilità sociale da parte di un’impresa si concretizza quindi nell’adozione di iniziative filantropiche e di un rapporto – stabile e duraturo e diverso quindi dall’azione di beneficienza una tantum – con le organizzazioni no-profit, al fine di dar vita ad un approccio che, insieme alla creazione di lavoro e al profitto, rappresenti uno degli assi di valore per l’azienda stessa.

Quello che configura una azienda CSR-oriented è dunque un approccio strategico al rapporto con il nonprofit e non l’azione sporadica, per quanto anch’essa indubitabilmente utile e da incoraggiare. Essere un’impresa CSR-oriented vuol dire considerare la responsabilità sociale parte integrante della politica aziendale e mirare ad avere un impatto il più possibile positivo dal punto di vista sociale e ambientale, con un ritorno efficace in termini di reputazione nel lungo periodo (laddove l’azione di beneficienza ha invece un effetto sul breve periodo).

Nel prossimo numero vedremo quali sono gli strumenti più utilizzati nelle azioni di responsabilità sociale e in che modo un’organizzazione no-profit può “proporsi” ad un’azienda allo scopo di intraprendere un percorso di collaborazione responsabile.

Simona Biancu